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La moda di strizzare l’occhio agli animalisti, se non altro per farli stare tranquilli per qualche tempo, purtroppo non è affatto tramontata. Ovviamente tenere conto di tutte le sensibilità, dato che la società le contiene tutte e dato che impongono questioni etiche difficilmente opinabili, non è di per sé qualcosa di sbagliato. Stiamo parlando però di quell’animalismo ostinato e per certi versi infantile, che non vuole sentire ragioni nemmeno di fronte a rischi sanitari. Ed è in questo quadro che stona vistosamente un Ministero della Salute che si fa carico di rappresentare in Ue la battaglia dei santuari affinchè venga loro riconosciuto uno status particolare in cui non vigono più le leggi dello Stato, in particolare quelle perentorie dettate da un’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione della PSA (Peste Suina Africana).
Come noto, la Rete dei Santuari, dopo l’episodio pavese in cui, di fronte a una decina di attivisti in lacrime, sono stati abbattuti i 9 maiali sopravvissuti dopo che altri 31 erano deceduti per il contagio di PSA, chiede regole speciali per i propri maiali, per cui si pretende il riconoscimento dello status di animali da affezione, impedendo in futuro l’esecuzione degli abbattimenti di prassi imposti nel caso in cui rientrino in zona infetta.
Lo scorso 18 novembre durante la manifestazione romana dei santuari è stato infatti annunciato che questa loro istanza sarà portata a Bruxelles niente meno che dal Direttore Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari (DGSAF) del Ministero della Salute, Pierdavide Lecchini. La richiesta potrebbe essere già stata presentata oggi, lunedì 20 novembre, durante una riunione bilaterale Italia-Commissione Europea per riesaminare la situazione PSA in Italia oppure durante il Comitato PAFF (Plants, Animals, Feed and Food) che si terrà il 23-24 novembre.
Come giustamente si fa notare sul sito Co-scienza.vet, che dà la notizia, è quasi scontato che la risposta della Commissione Ue sia picche, anche perchè è ovviamente assurdo che si tengano conto di eccezioni particolari in situazioni di rischio evidente. Se non altro considerando che se in quel santuario la PSA ci è entrata vuol dire che i suoi gestori non hanno rispettato le misure di biosicurezza. Si fa anche notare come non fosse necessario scomodare l’Ue, dato che esiste già l’eccezione alla regola, che avrebbe potuto essere applicata anche ai rifugi. L’articolo 13 del Regolamento 2020/687, in particolare i commi 2 e 3) stabilisce alcune deroghe per “animali detenuti in uno stabilimento confinato” (ma questo imporrebbe il rispetto certosino delle norme di biosicurezza) e per animali “di elevato valore genetico, culturale o educativo debitamente motivato”, categoria in cui potrebbero rientrare i suini dei rifugi. Norme che potrebbero essere applicate se il Ministero lo volesse.
Chiedere all’Ue è evidentemente una mossa politica, che secondo i veterinari di Co-scienza non tiene affatto conto del problema di credibilità del Ministero stesso, soprattutto davanti ad operatori pubblici che faticano a farsi rispettare sul territorio. Insomma una mossa poco coerente e un po’ pilatesca, di cui obiettivamente si poteva fare a meno.