La Commissione Europea ha pubblicato in questi giorni l'indagine più completa mai effettuata sulla biodiversit�nel nostro continente. Lo studio ha preso in considerazione lo stato di conservazione di 1.150 specie diverse dislocate in 200 tipi di habitat protetti dalla legislazione comunitaria.
Tra le osservazioni è emerso che gli habitat erbosi e quelli costieri, così come le zone umide, costituiscono gli ambienti che subiscono le maggiori pressioni, diretta conseguenza del declino dei modelli agricoli tradizionali, dello sviluppo turistico e dei cambiamenti climatici (e non quindi della caccia che agli equilibri naturali è perfettamente integrata).
I terreni erbosi sono essenzialmente associati a modelli agricoli tradizionali, che stanno scomparendo in tutta l'UE. Lo stato di conservazione di tutti i tipi di habitat associati ad attivita' agricole e' molto peggiore di quello degli altri tipi di habitat: solo il 7% delle valutazioni dello stato di conservazione ha avuto esito soddisfacente, rispetto al 21% degli habitat non agricoli. Questo risultato e' dovuto al passaggio a un modello di agricoltura intensivo, all'abbandono delle terre e ad una scarsa gestione del suolo.
Le zone umide vengono convertite ad altri usi e subiscono anche gli effetti dei cambiamenti climatici perche' si tratta di habitat associati ai ghiacciai di montagna.Tra i principali raggruppamenti di specie che vivono una condizione di crisi, sono gli anfibi, il cui ciclo riproduttivo si compie nelle zone umide colpite da fenomeni di cambiamento climatico. Tra tante cattive notizie, la relazione pero' introduce qualche fattore di ottimismo: in alcune aree dell'Ue le specie protette dalla direttiva, come il lupo, la lince eurasiatica, il castoro e la lontra, mostrano segnali di recupero.
(Ansa)