Le rigide regole sulla prevenzione della diffusione della Peste Suina Africana, imposte dall’Europa e codificate da circostanziate ordinanze commissariali che impongono abbattimenti preventivi nelle zone infette, possono essere aggirate.
I cosiddetti rifugi, strutture gestite da animalisti al fine di "salvare" animali destinati alla macellazione o altro tipo di sfruttamento, spesso riescono ad ottenere giudizi a loro favore da parte del Tar, appellandosi a quella linea, sempre più sottile, che divide gli animali da reddito da quelli da affezione.
Il Tar della Liguria in questi giorni ha infatti accolto l’istanza di misure cautelari monocratiche presentata da un rifugio situato in provincia di Novara, a cui un protocollo dell’Asl aveva imposto l’abbattimento di due cinghiali.
Il giudice, accogliendo la domanda, ha sospeso l’esecutività del provvedimento dell’Asl sulla base della documentazione presentata dagli animalisti circa lo stato di buona salute dei cinghiali oggetto del provvedimento. Cosa che, per quanto possiamo dedurre dalle documentazioni scientifiche, non è affatto certa. La PSA è infatti una malattia che nelle fasi di incubazione può essere completamente asintomatica (infezione subclinica), per cui individui che svilupperanno sintomi in seguito, possono dare risultati negativi ai test di laboratorio.
La trattazione in camera di consiglio della domanda cautelare è fissata per il 26 giugno 2024, data in cui il Tar potrà decidere diversamente.