Alla base di differenze di peso tra i camosci della Valsassina e della Valvarrone rispetto a quelli del versante orobico bergamasco (di stazza inferiore del 30% in media) ci sarebbe un'infezione di parassiti intestinali. E' ciò che è emerso da un evento organizzato dai Comprensori di Caccia Alpi Lecchesi e Prealpi Lecchesi con i cacciatori della zona, durante il quale sono stati premiati i migliori trofei della stagione venatoria.
L'incontro ha evidenziato i risultati di un progetto, attivato con Regione Lombardia, che ha analizzato i camosci cacciati nel Lecchese tra settembre 2023 e gennaio 2024. Le cause della crescita ridotta e della maggiore mortalità sono state attribuite a parassiti gastrointestinali. La collaborazione dei cacciatori, che hanno fornito campioni di sangue, abomaso, feci e zecche, è stata fondamentale. Circa 70 camosci sono stati analizzati, dimostrando l'impegno di ATS Brianza nel monitorare la salute della fauna selvatica e le possibili interazioni con il bestiame al pascolo.
Durante l'incontro, si è discusso anche della peste suina africana, con i cinghiali come principali vettori. Roberto Vanotti, Direttore del Distretto Veterinario di Lecco, ha proposto corsi di formazione per cacciatori bioregolatori per l'abbattimento programmato in zone selezionate, riducendo così gli adempimenti a carico dei veterinari ufficiali.
ATS Brianza organizzerà a breve nuovi corsi di formazione per creare una rete di cacciatori abilitati a fare i primi accertamenti ante mortem sugli animali. Questi accertamenti sono obbligatori se la selvaggina è destinata al commercio e alla ristorazione.