
Nonostante le alte densità abitative e l’intenso sfruttamento del territorio per agricoltura, industria e urbanizzazione, osservano i ricercatori Cecilia Di Bernardi, Guillaume Chapron ed altri studiosi, il lupo ha dimostrato un’elevata capacità di adattamento, arrivando ad espandere il proprio areale nella maggior parte dei Paesi europei.
Il miglioramento delle tecniche di monitoraggio ha permesso di seguire più da vicino questa espansione, sebbene la qualità e l'estensione dei dati raccolti varino da Paese a Paese. In 21 Paesi europei, le stime più recenti si basano su indagini complete, coprendo la maggior parte dell’areale noto del lupo, mentre in 13 Paesi i dati derivano da indagini parziali. In generale, le popolazioni più piccole o in espansione, come in Germania, Belgio, Danimarca, Slovenia e Svezia, vengono monitorate con maggiore attenzione, mentre quelle più numerose, come in Bulgaria e Romania, sono meno quantificabili.
Lo studio riporta come esempio significativo il caso dell'Italia, dove, viene evidenziato, è stata realizzata una stima nazionale avanzata, combinando rilievi sistematici sul campo e modelli di popolazione integrati, dimostrando l’efficacia di metodi statistici all’avanguardia su larga scala. In alcuni Paesi, come Danimarca, Finlandia, Germania, Alpi italiane e Scandinavia, il monitoraggio è particolarmente dettagliato: quasi ogni singolo lupo è identificato e il pedigree genetico della popolazione è noto.
Come ben sappiamo, la presenza del lupo comporta impatti sulle attività umane, in particolare per gli allevatori: ogni anno, i lupi uccidono circa 56.000 animali domestici nei Paesi dell’UE, causando un costo di 17 milioni di euro in risarcimenti. Il futuro della gestione del lupo in Europa, grazie alla modifica dello status di protezione, avviata ufficialmente per quanto riguarda gli allegati della Direttiva Habitat, dovrà necessariamente cambiare per rispondere alle mutate esigenze di conservazione.