Lasciamo che il panda si estingua, questo il succo della proposta di Chris Packham, conduttore di programmi sulla natura della Bbs, che ammette di considerare le attenzioni verso questa specie una sorta di accanimento terapeutico verso una fine ormai certa. I panda infatti sono sull'orlo dell'estinzione da parecchi decenni e nessun risultato apprezzabile nella direzione opposta è stato finora raggiunto.
"I soldi spesi per la conservazione di questa specie – dichiara Packham in un'intervista - potrebbero essere impiegati meglio, i panda sono entrati volontariamente in un cul de sac evolutivo". Da qui la proposta di "staccare la spina". Anche perché, ha aggiunto il naturalista britannico, "è inutile continuare a farli riprodurre in cattività se poi l'habitat dove reinserirli non esiste più".
In natura ne sopravvivono solo 1.600 in tutto, una cifra troppo bassa che unita alle enormi difficoltà riproduttive (il periodo fertile della femmina dura solo due giorni l'anno, gli accoppiamenti sono rari, solo una femmina su tre riesce a portare a termine la gravidanza e il 50 per cento dei cuccioli vengono abbandonati) e a quelle alimentari (si tratta di animali onnivori ancora non propriamente adatti alla dieta vegetariana per cui devono assumere almeno 40 kg di bambù al giorno).
Ma il panda non è una specie qualunque, la sua immagine è stata resa un simbolo grazie ad una delle più importanti associazioni ambientaliste a livello mondiale, che di certo non può accettare una posizione simile: "Chris ha detto una cosa sciocca, da irresponsabile", ha dichiarato Mark Wright, studioso di scienza della conservazione e consigliere del Wwf, che ha aggiunto: "I panda si sono perfettamente adattati al luogo dove vivono. Le montagne costituiscono il loro habitat e lì hanno a disposizione tutto il bambù che vogliono".
(La Repubblica)