La caccia non è dannosa per le popolazioni faunistiche e per l'ambiente, al contrario di altre attività piiù invasive come i safari fotografici. E' quanto conclude il dottor Larry Patterson, esperto di gestione della fauna, ad un incontro organizzato da Kalahari Conservation Society (KCS), l'organizzazione non governativa per l'ambiente più antica della Repubblica del Botswana.
Patterson, che ha lavorato in Uganda, Tanzania e Zambia come consulente in gestione della fauna per alcune organizzazioni internazionali, sostiene che mentre una corretta gestione dell'attività venatoria è propedeutica alla fauna selvatica e “le prove - dice - sono molto diffuse e ben documentate”, la caccia allo scatto selvaggio, può causare gravi forme di degrado ambientale.
"La maggior parte degli ecologisti – spiega l'esperto - pretende di essere culturalmente più sofisticata e sensibile ai problemi ambientali ma raramente comprende le conseguenze ecologiche delle proprie visite e di quanto le loro attività sul territorio possano avere un forte impatto su flora e fauna".
Patterson ha aggiunto che un recente studio in una località turistica di Xakanaxa ha criticato il governo per la mancanza di un piano adeguato di gestione, dopo aver constatato che 6.000 ettari di terreno aveva tre lodge mercato e alloggio per 50 dipendenti, due campeggi pubblici, due campeggi di gruppo per i safari, un porto turistico commerciale con 30 barche in licenza, una pista di atterraggio, nonché 250 km di strade con 300 veicoli in una giornata.
In compenso lo studio ha elogiato il modello di caccia a causa del suo bassissimo impatto ambientale sostenendo che la quota del prelievo è in media del 2-4 per cento, insignificante per la dinamica della popolazione.