L' energia nucleare e il suo potenziale per la rinascita dell'economia italiana è stata l'oggetto di una conferenza tenutasi lo scorso 4 giugno a Piombino, organizzata da Libera Caccia Toscana e dalla rivista 21mo Secolo - Scienza & Tecnologia. A parlarne c'era l'ingegnere nucleare Ugo Spezia, Segretario generale dell’Associazione Italiana Nucleare e Franco Battaglia, Docente di chimica ambientale all'Università di Modena.
Il professor Battaglia ha messo in guardia sulle cosiddette energie alternative, perché oltre ad essere improduttive risulteranno anche un grave costo per la comunit�per l’istallazione e al momento dello smantellamento.
Le centrali nucleari, secondo Spezia, ridurranno invece l’impatto ambientale evitando l’emissione di miliardi di tonnellate di fumi in atmosfera. Riguardo alla gestione delle scorie non ci sarebbero problemi: basta creare siti di stoccaggio come hanno fatto gli altri paesi. Inoltre, è stato ricordato durante l'incontro, la maggior parte del combustibile estratto dal reattore viene poi riutilizzato, in una percentuale che arriva al 97 per cento, grazie al riprocessamento.
Tra i miti da sfatare, è stato poi sottolineato, c'è quello della radioattività dovuta alle scorie. La maggior parte dei rifiuti radioattivi proverrebbe in realtà dagli ospedali e in parte dall'industria estrattiva, anche se non riconosciuti come tali. Senza contare che sono gli stessi cittadini ad emettere radiazioni. Gli italiani non sanno, per esempio, che il loro corpo emette radiazioni maggiori a quelle che permette la legislazione italiana in materia di radiazioni. Legislazione imposta dopo Chernobyl.
“La normativa italiana fissa un limite di non rilevanza radiologica per i materiali solidi pari a 0,1 Bq/g ( Bq = Bequerel). Il corpo umano contiene in media 12.000 Bq di radioattività naturale: 4.000 Bq di potassio-40, più 4.000 Bq di carbonio-14, più 4.000 Bq di idrogeno-3 (trizio). Un individuo del peso di 80 kg ha un’attività specifica pari a 0,15 Bq/g, ovvero una volta e mezza il limite di non rilevanza radiologica.
L’energia nucleare contribuisce alla produzione elettrica per il 13% a livello mondiale, per il 23% nei paesi dell’OCSE (i 27 paesi più industrializzati del mondo), per il 33% (un terzo) nel continente europeo, alla luce di tutto ciò, si legge nella relazione di Massimo Martelli, della rivista 21esimo Secolo, “non è possibile rinunciare all’energia nucleare. Un’ipotetica rinuncia causerebbe infatti tensioni insostenibili sul mercato dei combustibili fossili”.