Nei pressi del Parco Nazionale dell'Abruzzo due orsi (madre e figlia) sono morti dopo essere caduti in una vasca per l'approvvigionamento di acque a sostegno della pastorizia ad alta quota, probabilmente attirati dalla possibilità di dissetarsi in una zona scarsa di acque. L'associazione Italiana per la Wilderness in una nota, dà la colpa all'incuria dell'uomo “quella vasca – si legge nel testo – avrebbe dovuto avere una copertura che non aveva, in una delle zone più selvagge del pre – parco, nella Serra Lunga nel marsicano, dove un tempo c’erano solo sorgenti e nevai”. Data già l’alto tasso di mortalità giovanile di questa specie, a fronte del basso indice di natalità, la notizia è di una certa gravità, soprattutto perchè i due esemplari morti erano due femmine.
Alcuni giornali, rileva l'associazione, hanno trovato il modo di colpevolizzare i cacciatori per la morte dei tanti orsi marsicani negli ultimi decenni, anche se “ben pochi degli orsi ritrovati morti possono essere addebitati all’attività venatoria, legale o illegale che sia” scrive il segretario generale Franco Zunino.
“Eppure – continua Zunino - da tutte le autorità, dal mondo cosiddetto scientifico e dal movimento ambientalista, sempre e solo di ampliamento del Parco e di chiusura della caccia si sente parlare, come soluzioni atte a far aumentare la popolazione di questo animale, mentre servirebbe un larga ripresa delle coltivazioni nei fondovalle, un severo controllo del turismo escursionistico, una preservazione dell’habitat sempre più eroso da progetti di “consumo del territorio” (centrali eoliche e fotovoltaiche in primis), una drastica riduzione dei competitori alimentari quali sono i cinghiali (ma anche disturbatori ambientali, quale è il cervo), una incentivazione dell’allevamento ovino ed una riduzione di quello bovino ed equino estraneo all’antico mondo pastorale dell’Abruzzo (e comunque con un pronto ed equo indennizzo dei danni, che invece è tale solo sulla carta)”.