In queste ore la British Petreoleum tenterà per l'ennesima volta di chiudere la falla che da più di due mesi sta inquinando in maniera drammatica il Golfo del Messico e provocando la morte di migliaia di pesci e uccelli marini. Quello che è stato definito dal presidente Obama come il più grave disastro ambientale della storia degli Stati Uniti (si riversano in mare dai 35 mila ai 60 mila barili di petrolio al giorno), avrà conseguenze irreversibili (almeno nel breve e medio periodo) sulla fauna e sulla vegetazione delle coste limitrofe e non solo.
Centinaia di volontari di associazioni ambientaliste e animaliste si adoperano di giorno in giorno per raccogliere i poveri animali imbrattati di greggio, li ripuliscono con cura e li reinseriscono nell'ambiente. Disperati tentativi, seppur ammirevoli, di salvare la pelle agli uccelli interamente ricoperti della sostanza oleosa, che servono a ben poco.
Secondo la biologa tedesca Silvia Gaus, esperta del parco nazionale Wattenmeer, che nel 1998 partecipò al recupero di uccelli dopo l'incidente della petroliera Pallas nel mare del Nord, è stato dimostrato che in realt�il tasso di sopravvivenza di questi uccelli, una volta tornati in natura, è inferiore all'1 per cento. Questo perchè la quantità di sostanze nocive ingerite è tale che "la ripulitura" non può certo risolvere la situazione. La ricercatrice avanza un'altra soluzione, certo più drastica ma che almeno può servire ad evitare delle inutili sofferenze a questi uccelli: l'eutanasia.
“Già la cattura e la ripulitura sono eventi che provocano uno stress potenzialmente letale all’animale – ha dichiarato Gaus - inoltre il carbone attivo e le altre sostanze che si somministrano per prevenire gli effetti velenosi dell’ingestione del petrolio non sono efficaci, e gli uccelli muoiono per problemi al fegato e ai reni” osserva la ricercatrice.
La soluzione dell'abbattimento, appare triste e ingiusta, ma è forse la più ragionevole e può evitare una lenta agonia agli sfortunati volatili. Un concetto che è sistematicamente rifiutato da chi, armato di buoni sentimenti, pensa di poter salvare l'insalvabile e forse in questo modo ripulire, insieme a penne e piume, anche la coscienza umana, sporcata dalla spasmodica ricerca di carburante necessario per il funzionamento anche delle jeep degli ambientalisti.