Per poter inoltrare le domande agli uffici provinciali ed accedere quindi ad
eventuali rimborsi relativi ai danni subiti alle proprie colture, occorre essere
coltivatori diretti, con tanto di partita iva o codice fiscale. Occorre cioè dichiarare di svolgere l'attività agricola con carattere di continuità e prevalenza.
Una norma che può essere considerata giusta, visto che le istituzioni tendono a proteggere le fragili economie rurali, ancora in parte sottomesse ai voleri della natura. Se la natura decide di mandare uno sterminato numero di storni che fanno manbassa di olive in molte regioni italiane, però, a farne le spese sono anche tutti gli altri, che non faranno girare l'economia direttamente ma che con molti sacrifici e tanta dedizione dedicano parte del loro tempo libero alla coltivazione delle olive sul proprio terreno privato. Quando la Regione autorizza la caccia in deroga su terreni in presenza di frutto pendente, indirettamente protegge anche loro e la loro preziosa produzione di olio "selfmade".
Quando non lo fa, perchè i danni non sono stati adeguamente certificati dai coltivatori di professione e dagli organi preposti a farlo, vedi Toscana, il danno si amplifica. Chi si fa carico allora delle disastrose conseguenze registrabili in Toscana (dove chiunque ha un appezzamento di terreno non edificato coltiva olive) o in molte altre regioni? Non sarà il caso di pensare ad un serio percorso, da parte dello Stato ma anche e soprattutto delle Regioni, per l'inserimento finalmente dello storno tra le specie cacciabili o in alternativa verso una finalmente efficace applicazione del regime di caccia in deroga?
Intanto il flagello storno comincia a fare i suoi danni anche quest'anno.