L'inserimento dello storno tra le specie oggetto di regolare prelievo venatorio consentirebbe oltre che un sistematico controllo di questi volatili in ottima salute da parte dei cacciatori (in diverse aree questa è una caccia tradizionale molto sentita) anche un considerevole risparmio di risorse pubbliche e private: quelle relative ai risarcimenti dei danni e alle effettive perdite di produzione registrate in agricoltura.
Stando ai dettami della cosiddetta Direttiva Uccelli, che impone un sistema di accertamento esaustivo del danno prima di poter permettere il prelievo in deroga, per ottenere stime effettive ci vogliono campionamenti accurati e sopralluoghi ripetuti, il che comporta un esborso considerevole per le perizie, che possono rimanere anche a carico degli stessi agricoltori, qualora ad essi non venisse riconosciuto l'accertamento del danno lamentato.
Esistono poi delle differenze oggettive rispetto all'indennizzo del danno da parte dei diversi enti preposti (Atc, Province, Regioni ed Enti Parco) che fanno sì che non sempre il gioco valga la candela. A volte il risarcimento è riservato ai soli produttori agricoli con partita Iva, spesso esiste un importo minimo indennizzabile e può addirittura essere richiesta una quota (che va da 26 a 70 euro) per accedere alla domanda di indennizzo.
Spesso poi, si evidenzia una macroscopica sproporzione tra l'ammontare del danno e le risorse limitate messe a disposizione. Il risultato è che i piccoli agricoltori, anche se danneggiati, di frequente si vedono rifiutare il risarcimento: è il motivo per cui molti evitano di attivare la procedura. nfine va considerato che le rilevazioni regionali dei danni sono certamente sottovalutate. Non di rado mancano i dati delle Aree Protette e delle Aziende faunistiche venatorie. Il che limita le stime del danno a solo il 55 – 65% del territorio agro silvo pastorale.
Tutto questo è stato chiaramente illustrato dal dr. Marco Ferretti, dell'Ufficio Caccia della Provincia di Pistoia, al recente convegno sullo storno tenutosi a Larciano. La soluzione, ha suggerito Ferretti, passa attraverso l'adozione di metodi di stima standardizzati e che coinvolgano obbligatoriamente tutti gli enti interessati. Ma il problema dei fondi rimane inalterato: chi paga per le scorpacciate degli storni?