Ogni anno (in particolare nei mesi estivi) in Italia 800 persone restano vittime di incidenti in mare o nelle acque interne (laghi e fiumi), di queste almeno la metà perde la vita. Sono dati diffusi dal Dipartimento Ambiente e Salute dell'Istituto superiore di Sanità, che in concomitanza con il pieno avvio della stagione balneare mette in guardia su quella che è una strage silenziosa, abbondantemente ignorata dai media.
Mentre si fa un gran parlare ogni anno degli incidenti mortali (in media 20 all'anno) dovuti a vario titolo all'attività venatoria (errori di mira ma anche infarti a caccia, cadute, ecc.), è una verità sacrosanta che pochi pochissimi, spendono due parole per ricordare quale terribile calamità può nascondersi a pochi metri del bagnasciuga, se non si sta sufficientemente attenti ai pericoli che si possono correre in acqua.
“Si tratta di un dato costante negli ultimi dieci anni – spiega Marco Giustini, del dipartimento Ambiente e salute dell’Istituto – per fortuna decisamente inferiore a quello della fine anni ’60 e inizi ’70, quando a morire annegati erano tra i 1.200 e i 1.300 ogni 12 mesi”. E' anche vero che da noi in mare si muore meno che in Europa (6,5 vittime per milione di abitanti, contro le 35 per milione di abitanti del vecchio continente, dove ogni anno perdono la vita 28mila persone), ma il saldo continua a essere pesante laddove si pensi, ad esempio, che dal ’69 al 2007, i decessi per annegamento nel nostro Paese sono stati ben 27.154.
“Le vittime - ricorda il ricercatore – sono maschi nell’82% dei casi, per lo più giovani. In calo ma egualmente preoccupante resta la percentuale di incidenti tra i bambini: “Mentre tra gli adulti le cause principali sono, nell’ordine, l’imperizia, i malori, le cadute accidentali, per i più piccoli – conclude Giustini - la colpa, all’origine, è sempre della mancata sorveglianza da parte dei grandi: penso soprattutto al proliferare delle piscine private, anche di piccole dimensioni, dove è piu facile entrare o, più semplicemente, cadere”.
(BlogSicilia)