Vi ricorderete di quando tempo fa esponenti della pesca sportiva italiana, in tutta risposta all'attacco dell'animalista Vittorio Feltri, avevano preso le distanze dal mondo venatorio, rivendicando la natura non cruenta del loro sport: una mera competizione disinteressata alla conquista del pesce, graziato dalla natura squisitamente sportiva di questa attività.
Ebbene ciò non è bastato ad evitare la scure dell'Enpa, che in questi giorni si è abbattuta implacabile anche sull'attività di catch&release (ovvero la cattura di un pesce e l'immediato rilascio). Secondo gli animalisti, che citano a riguardo recenti studi scientifici, è stato dimostrato che la cattura all'amo dei pesci e la loro successiva liberazione, non è meno dannosa della pesca tradizionale (ovvero quella il cui scopo non è l'atto sportivo in sé ma il consumo del pesce) e provoca spesso la morte della creatura graziata.
“Quando abboccano all'amo, i pesci vengono sottoposti a un'intensa forma di stress psicologico - sottolinea Ilaria Ferri, direttore scientifico dell'Enpa - causato non soltanto dal dolore fisico ma anche dal non riuscire a comprendere cosa gli stia effettivamente capitando. Per non parlare poi del soffocamento provocato dall'eradicazione dal loro ambiente naturale. Per loro l'acqua - continua - è tanto vitale quanto lo è per noi l'aria”. “Poco importa, inoltre, - continua - che l'industria della pesca abbia sviluppato presunti ami 'cruelty freè. Il risultato è sempre lo stesso: inducono nell'animale un atroce stato di sofferenza».
Secondo il Comitato Norvegese di Bioetica – spiega l'animalista - il 5% dei salmoni non sopravvive al catch&release. Sempre secondo il Comitato norvegese - prosegue - in alcuni casi la mortalità può arrivare anche al 60% degli esemplari catturati. Secondo l'Università della Florida, invece, i pescatori 'sportivì sono responsabili per la morte del 25% dei pesci di acqua dolce.
“Della pesca sportiva non si sente proprio il bisogno - conclude Ferri - a meno che non si voglia assestare un colpo mortale alla biodiversità del pianeta già gravemente minacciata dalle attività umane”. I cacciatori, abituati ad onorare le proprie prede a tavola, forse loro malgrado si troveranno d'accordo, questa volta con le considerazioni dell'Enpa?
(05/09/2011)
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