La scoperta delle ossa, in ottimo stato di conservazione, di cinque individui vissuti circa due milioni di anni fa, è stata motivo di immensa gioia tra antropologi ed archeologici di tutto il mondo. Quegli ominidi, infatti, a detta degli studiosi, rappresentano un el dorado: l'anello mancante tra l'uomo e il primate.
La scoperta, avvenuta nel 2008 in un anfratto naturale a Malapa, in Sudafrica, è stata divulgata dalle riviste scientifiche solo oggi, al termine di una meticolosa analisi dei resti: lunghe braccia simili a quelle delle scimmie, segno che questi ominidi si arrampicavano ancora sugli alberi, già in grado di camminare eretti, mani in grado di realizzare strumenti da lavoro, ed un cervello ancora molto piccolo: non più di un terzo del nostro.
Battezzato con il nome di Australopithecus sediba, questo ibrido è il più antico tra i nostri diretti antenati, visto che la sua datazione è antecedente a quella relativa ai resti di quello che fino ad oggi si riteneva il nostro più antico antenato: l'homo habilis, vissuto 1,7 milioni di anni fa. A dare il là agli scavi, piccolo aneddoto pieno di suggestione, è stato un bambino: il figlio del ricercatore Lee Berger, dell'università sudafricana di Witwatersrand, che ha mostrato al padre un osso che spuntava dal terreno. Tanto è bastato per riscrivere la storia dei nostri antenati.
(12/09/2011)
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