L'ambientalismo imperante in Italia è figlio di una cultura cittadina, che vive il suo rapporto con la natura in maniera mediata, artificiosa ed in chiave rigorosamente protezionista. Così, mentre ci si concentra s
u storici “nemici” come i cacciatori, si chiude spesso un occhio (a volte anche due) sulla cementificazione selvaggia e sulla
inesorabile trasformazione del territorio naturale. E' esattamente quello che accade quando aree rurali vengono “adattate” alla fruizione della natura per scopi turistici o di svago, con l'
apertura per esempio di parchi cittadini.
Esattamente quello che sta per accadere in quel di Mestre, dove di fronte alle ipotesi di nuove aree parco, s
ostenute anche dalle cosiddette associazioni tradizionali (Wwf e Legambiente in primis), in molti cominciano ad esprimere il proprio dissenso verso questo modo di intendere e fare ecologia.
La Nuova di Venezia e Mestre, quotidiano locale,
dà spazio ad una diversa idea di ambientalismo pubblicando le lettere di Francesco Boato, di Mirano e di
Massimo Zaratin, delegato Wilderness in Veneto. “Il nostro modo di fare ambientalismo – dice Zaratin a commento delle considerazioni anti parco di Boato – è completamente diverso perché
chi fa volontariato nella nostra associazione proviene dalla terra, la conosce, ne valorizza gli aspetti umani che in essa si esplicano”. “Noi non vogliamo che le zone rurali – spiega in un altro passaggio Zaratin – vengano trasformate in luoghi con panchine, lampioni e giostre per bambini. La natura, quella vera da preservare intendo, è tutt'altra cosa e deve rimanere così com'è, con le attività naturali dell'uomo come l'agricoltura tradizionale per esempio, tramandataci dai nostri padri quale antico sapere anche a beneficio dello spirito dell'uomo che la vive”.
(30/09/2011)
© RIPRODUZIONE RISERVATA