E' la conclusione del Consiglio nazionale dei geologi, riunito recentemente a Roma: troppa l'acqua che si perde nelle reti idriche, dei veri e propri colabrodo, ma anche quella usata senza giudizio dai singoli cittadini e dall'eccessivo sfruttamento agricolo. E' proprio l'agricoltura ad impiegare la maggior parte dell'acqua (67%), segue tutta l'industria (18%), l'uso domestico (8%). Paradossalmente nel settore agricolo è il nord a usare più acqua (80%), mentre al centro e al sud, dove la siccità è davvero un problema serio, si usano complessivamente il 5% dell'acqua.
Nelle metropoli si consuma fino a 400 litri al giorno per abitante, a fronte di una media nazionale di consumo che supera di poco i 200 litri a testa. A ciò si aggiunge la dispersione a causa di reti idriche ormai vetuste, con perdite fino al 35% del totale dell'acqua disponibile. La perdita, in soldoni, ammonta fino a 200 milioni di euro l'anno.
Secondo Gian Vito Graziano, presidente dei geologi italiani, vi sono alcune priorità sul tema non più rimandabili: anzitutto "la difesa del suolo", poi "la riforma urbanistica" e "i piani di difesa delle acque" contro "l'inquinamento e il ripristino ambientale delle falde" come, per esempio, quella "del fiume Po, la più importante d'Italia, che è totalmente inquinata".
(19/10/2011)
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