Case crollate, strade ridotte ad un cumulo di fango e detriti, auto accartocciate e oggetti sparsi ovunque. Un inferno d'acqua ha colpito come un fulmine a ciel sereno i tranquilli paesi della valle del Magra e poco più in su i gioielli delle Cinque Terre. Alla rabbia e al dolore per la perdita di vite umane (al momento si contano 7 morti e cinque dispersi) si aggiungono i tanti, troppi danni materiali, quantificabili ancora una volta in milioni e milioni di euro. Sono quelli che serviranno alla ricostruzione di case e ponti crollati, alla rimozione dei detriti, al ripristino degli ambienti danneggiati e speriamo, alla messa in sicurezza dei fiumi.
Ma tutto questo si poteva evitare? Difficile dirlo ma certo, si poteva fare molto per prevenire quei danni, dovuti certo alla portata straordinaria delle piogge, ma soprattutto alla grave incuria di territori sottoposti addirittura a stretto regime di tutela, entro i confini di un parco nazionale patrimonio dell'umanità Unesco (Cinque Terre). Sul web, in particolare su Facebook e Twitter, si sono formati gruppi improvvisati di cittadini che protestano per le gravi mancanze dell'Ente parco, pochi mesi fa nell'occhio del ciclone per l'arresto del presidente e di alcuni funzionari, accusati di intascarsi i fondi destinati alla protezione.
Ma quello che tanti cittadini denunciano, al di là delle responsabilità individuali e di quelle governative (lo Stato destina pochissimi fondi a questo scopo), è il sistema protezionista italiano: capace di sbraitare per le piccole questioni ma assente su fronti importanti come quello della manutenzione dei corsi d'acqua e della messa in sicurezza di zone a rischio frane e smottamenti. “Fra un anno staremo qui a piangere ancora i morti – scrive Piero I. sul gruppo No alluvione del Magra – Altri morti immolati alla verde ecologica follia dell'impatto antropico!”. Il suo giudizio è drastico “la gente crepa affogata – scrive – perché ovunque si devono salvare i passerotti”. “Il fiume va pulito – scrive ancora - questa estate si vedevano ancora i "relitti" della scorsa alluvione.. pare che sia vietato andare a prendere i tronchi.. non ci posso credere”. Lo conferma Giampiero B., geometra di una ditta rimasta sotto il fango, che commenta: “anni e anni fa lavoravamo anche noi nel fiume estraendo ghiaia e tutti questi problemi come oggi non c'erano.... sicuramente la pulizia e l'estrazione non sono le uniche soluzioni ma ci vogliono varie opere a sostegno, iniziamo a fare qualcosa perchè la prossima volta sarà ancora peggio”.
(27/10/2011)
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