Il Tuber borchii Vittadini così catalogato nel 1831, veniva invece identificato a partire dal 1788 con il nome di Tuber albidum Pico. Si tratta di tartufi di grandezza (1) 2-4 (6) cm, lisci, globosi più o meno bozzoluti, di colore biancastro-nocciola-rugginoso, odore agliaceo grato, sapore gradevole, da usare crudo o cotto, voto: buono.
Ha la corteccia (peridio) cellulare, che protegge al suo interno le spore decorate da un reticolo a maglie penta-esagonali di (5) 6,5 x 7,5 (9) µm; spore in maggioranza ellissoidi e le restanti globose [misurano senza decorazioni (23) 25-40 (42-45) x (25) 30-50 (55-57) µm e con decorazioni (28) 34-45 x (34) 38-53 (65) µm] sono contenute fino a maturità in una specie di uteri detti aschi, numerosi, dispersi disordinatamente nella polpa (gleba), nocciola chiaro poi color fegato, con vene sterili bianche, spesse, collegate tra loro, numerose, e raggiungono il peridio.
Habitat: vive con aghifoglia o latifoglia con cui instaura un contratto di sostegno reciproco (simbiosi mutualistica), compenetrandosi le radichette con le ife fungine tra le cellule (ectomicorriza) o dentro le cellule (endomicorriza). Ubiquitario dalla pianura alla montagna sia in pH acido che alcalino, da dicembre a giugno; buon commestibile, inferiore soltanto a Tuber magnatum e a Tuber melanosporum.
Ha un futuro con gli impianti di tartufaie artificiali, perché è un tartufo che si adatta ed è più facile che attecchisca l’impianto.
Prezzo al consumo da un 1/8 ad 1/10 dei precedenti due tartufi pregiati, se di buona pezzatura. Se non esistesse andrebbe inventato, per la sua duttilità. E’ detto volgarmente bianchetto. Periodo ufficiale di raccolta dal 10-01 al 30-04 di ogni anno.
Testo a cura di Lamberto Gori.