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16/11/2011 11.39 



Le previsioni del tempo erano brutte, anzi pessime, ma ci voleva ben altro per far star a casa due lupi come me e l’amico Mauro. Anche se io ho cinquant’anni e lui sessantacinque, siamo accomunati dalle stesse passioni: per la caccia, per le belle armi, per le munizioni e la ricarica, per i cani e per la bellezza della natura in generale. Ed insieme abbiamo avuto la fortuna di vivere un’avventura di caccia al daino in Maremma che definire indimenticabile mi sembra poco.

Eravamo in marzo, una settimana prima della chiusura della caccia di Selezione e noi, come tutti i nostri colleghi selecontrollori, ci lamentavamo che, a causa delle eccezionali precipitazioni, era stato difficilissimo riuscire a completare i piani di abbattimento previsti. Ma a caccia, si sa, non bisogna “mai dire mai!”, ed è ovvio che se cerchiamo sempre una scusa per rimanere al calduccio nel letto, davanti al camino, al pc o alla tv non avremmo mai avuto la possibilità di provare le emozioni che invece provammo io e Mauro quella bellissima mattina d’inizio primavera.

Il “Dama Day”, come decidemmo di chiamarlo, il giorno dei daini. Meta della nostra uscita era la Tenuta “Le Forane” di Capalbio, una splendida Azienda Faunistico Venatoria di circa 1600 ettari che si trova a due passi dal Monte Argentario e dalla laguna di Orbetello.  Le Forane le gestisce Giampiero Bernacchi, un personaggio molto noto nell’ambiente venatorio di tutta la provincia di Grosseto perché, oltre ad essere un abile cacciatore, sia di penna sia di pelo, il Capocaccia di una squadra di cinghialai, un esperto cinofilo, un cultore e un allevatore del segugio maremmano e del Giura “Sant’Umberto”, è un vero amico oltremodo simpatico e cordiale. Giampiero cura l’Azienda con passione e competenza, tanto che il pochissimo terreno seminativo (grano, orzo, girasoli e granoturco) lo lascia a perdere esclusivamente per il fabbisogno del gran numero di selvaggina ungulata presente nella riserva.

Tutto il resto invece è Macchia Mediterranea, quella caratteristica fatta di lintischio, di corbezzolo, di cerro, di ornello, di crognolo, di leccio, di olivo selvatico ma anche di querce e  sughere secolari, divenute, a ragione, un patrimonio culturale. Insomma è il famoso forteto, il regno incontrastato del cinghiale Maremmano, dell’elusivo capriolo, della lepre italica e della volpe, della beccaccia, del colombaccio, degli ultimi veri fagiani e ……  dell’imponente daino. All’interno della Tenuta le Forane la caccia è consentita, nel rispetto del vigente calendario venatorio, a tutte le specie sopraelencate e ovviamente si pratica la caccia di selezione e di contenimento a caprioli e daini. Io e Mauro eravamo stati invitati a tentare l’ennesima uscita a caprioli, perché di daini da tempo non se ne vedeva neanche l’ombra, con la speranza di riuscire a prelevare gli ultimi capi previsti dal piano di contenimento. Giampiero, un’ora prima del sorgere del sole del fatidico giorno, mentre compilava i permessi necessari per cacciare in azienda,  scuoteva la testa, certo che avremmo fatto il classico buco nell’acqua. Il tempo era nuvoloso, tirava un forte vento di scirocco e per completare l’opera i guardiacaccia della Provincia avevano scorrazzato per la riserva tutta la notte per fare i censimenti.

“Dobbiamo essere proprio strulli, per star qui con questo tempo alle cinque di mattina. Specialmente io, con quel che c’ho da fare!”. Ma conoscendolo bene, sono convinto che Giampiero non dicesse sul serio, perché lui, essendo un cacciatore con la C maiuscola, doveva aver intuito, come noi d’altronde, che una mattinata simile poteva riservarci delle piacevoli sorprese. Il tiratore scelto della comitiva, quello con la licenza di uccidere per intendersi, era Mauro, con al seguito il suo “terzo braccio”, una splendida carabina Winchester Sporter Magnum, in configurazione “pre .64”, camerata nell’inusuale quanto leggendario 264 Winchester Magnum e dotata di ottica Swarovski 8 x 56. Io, per ogni evenienza, avevo dietro la mia Weatherby MK V SS calibro 257 e Piero con la sua inseparabile Browning A-Bolt Medallion in 22-250. Tutti e tre avevamo al collo un cannocchiale 8 x 42. Dopo aver percorso meno di un chilometro con il fuoristrada, nonostante il tempo non promettesse niente di buono, decidemmo di procedere a piedi. Giampiero apriva la pista con Mauro alle calcagna ed io che li seguivo qualche decina di metri indietro con la 257 nella sinistra (la cinta la uso soltanto quando vado a caccia di camosci in alta montagna) e il cannocchiale nella destra. Se da una parte il forte vento ci infastidiva infiltrandosi nei nostri indumenti leggeri, dall’altro ci permetteva di avvicinarci verso un grosso prato senza il timore di essere scoperti. Ed infatti Giampiero appena fece capolino nella radura cadde in ferma come un setter. Senza né muoversi né girarsi distese tre dita della mano indicando la nostra destra.

Quasi strisciando, veloce ma silenzioso lo sorpassai e vidi subito tre grosse sagome scure brucare la magra erbetta nel prato. Erano daini e si trovavano a circa duecento metri di distanza. Con la scarsa luce dell’alba nascente non si capiva neanche se fossero maschi o femmine, figuriamoci se riuscimmo a determinarne le classi di età. Comunque, visto che eravamo autorizzati a prelevare di tutto, sollecitai Mauro di prepararsi al tiro. “Tira a quello al centro che dalla corporatura mi sembra un maschio  e si presenta anche meglio”. Poi, per cercare di valutare i selvatici, mi misi in punteria anch’io e presi a traguardare i daini direttamente con un cannocchiale  18 x 50 P (un vero e proprio mini specktive!) montato sulla Weatherby. Notoriamente le vecchie Winchester modello 70 hanno uno scatto ruvido e abbastanza pesante, ma Mauro, da vero cacciatore appassionato, si era fatto modificare quello della sua 264 dal collega (armaiolo, giornalista, cacciatore) Gianluca Garolini. Così, quando decise di tirare, fu sufficiente una leggera pressione dell’indice per spedire una micidiale Nosler Ballistic Tip da 120 grani nel punto giusto.

Il daino accusò vistosamente il colpo, percorse una decina di metri e poi cadde esanime. Gli altri due corsero veloci verso il bosco, ma prima di inoltrarcisi l’indecisione dell’ultimo gli fu fatale. Una 115 grani, sempre Nosler BT, sparata dal mio Weatherby Mark V lo inchiodò sul posto. I due bellissimi calibri statunitensi quasi si equivalgono come prestazioni balistiche, ma la micidialità del 257 Weatherby Magnum è proverbiale.  Mauro ed io andammo ad ammirare da vicino le nostre rispettive prede. Lui aveva abbattuto un bellissimo fusone ed io una vecchia femmina melanica. Sia per un fine selettivo sia “culinario” non avremmo potuto pretendere di meglio. Erano appena le sei e un quarto del mattino e non era ancora sorto il sole che avevamo già fatto caccia. Cosa volevamo di più dalla vita? Ed invece le sorprese non erano ancora finite, perché il meglio doveva ancora venire. Euforici degli abbattimenti, dopo aver eviscerato e fatto i dovuto onori ai due grossi selvatici decidemmo di continuare la cerca di un buon capriolo. Dalla fuoristrada ne avvistammo qualcuno di scarso interesse e addirittura individuammo un grosso cinghiale ancora indaffarato a dar la caccia ai lombrichi tra i rami marciti di un bosco tagliato.

Capimmo subito che non era quello il modo di cacciare quel giorno così, come dice quel proverbio? “Strategia vincente non si cambia”. Parcheggiammo la vettura e riprendemmo una sana cerca a piedi, ma non prima di aver controllato la direzione del vento. Quel giorno anche il tempo nuvoloso ci fu molto d’aiuto perché ritardò notevolmente il rientro dei selvatici nell’impenetrabile macchia mediterranea dove la caccia alla cerca sarebbe stata impossibile da praticare. Nel primo grosso prato che visitammo trovammo una femmina di capriolo con due piccoli dell’anno che decidemmo di risparmiare, mentre nel secondo individuammo immediatamente tre familiari silhouette. Ancora daini! Quando lanciai l’impulso laser nel display  lessi la cifra 348, ma questo non m’impedì di identificare i tre grossi selvatici come tre fusoni, tra i quali spiccava un melanico nero come il carbone.

Come pochi minuti prima quello centrale era messo veramente bene, come si dice a “cartolina”. Peccato che la distanza non era proprio ideale. Ma Mauro quel mattino si sentiva in forma, specialmente dopo il bel tiro appena fatto. Io e Giampiero ci immobilizzammo dov’eravamo, mentre Mauro cercò di avvicinarsi, non tanto per ridurre la distanza, quanto per riuscire a raggiungere un leggero dislivello che gli avrebbe consentito un tiro più comodo stando sdraiato in terra con l’aiuto del bipiede. Credo che sia una cosa comune tra tutti i tiratori–cacciatori irrigidire le spalle al momento del tiro, infatti fu quel che fece anche il mio amico pochi attimi prima che il 264 Winchester Magnum dimostrasse per l’ennesima volta le sue eccellenti qualità balistiche.

Vidi il daino accusare il colpo e scalciare come un cavallo, poi percorse pochi passi verso il suo compagno melanico ed insieme scomparvero all’interno del bosco. Non mi preoccupai affatto perché, oltre ad aver fiducia nella reazione  dell’animale, udii distintamente la palla impattare qualcosa di solido. E quello è un rumore caratteristico per chi sa riconoscerlo. “Weidmannsheil Mauro! Gran bel tiro, bravo. Tranquillo che lo troviamo subito” dissi fiducioso, ma purtroppo mi sbagliavo. Infatti, come giungemmo al limitare del bosco trovammo pochissimo sangue e come novellini perdemmo diverso tempo prezioso a cercare l’animale ferito. Finalmente Giampiero decise che era ora di andare a prendere il grande Nemo. Grande si fa per dire, perché Nemo è il bassotto tedesco a pelo ruvido che il gestore delle Forane usa, e spesso con successo, come cane da traccia per il recupero dei selvatici feriti.  Nemo, sicuramente a causa nostra, che avevamo abbondantemente inquinato la zona, tardò a trovare la traccia giusta, ma una volta agganciata la seguì senza esitazione. Due abbai a fermo seguiti da un ringhiare furioso ci comunicarono che la giornata era finita nel migliore dei modi.

Trovammo il fusone di daino morto. Il robusto selvatico aveva percorso un centinaio di metri dall’anshuss. Il colpo era stato basso e leggermente indietro, il classico “impanciamento”, ma le Nosler Ballistic Tip lavorano sempre bene anche quando raggiungono zone non particolarmente consistenti. Non ricordo di aver mai visto una persona più felice di Mauro, quel brav’uomo era veramente al settimo cielo. L’aver abbattuto in libera due daini in meno di un’ora, uno da duecento metri di distanza e l’altro da oltre trecento non capita certo tutti i giorni. Aggiungendo anche la mia femmina, il tableau finale fu veramente notevole, così mi venne spontaneo battezzare quella bellissima giornata come il Dama Day, il giorno dei daini, un altro ricordo da stipare nel cuore come uno tra i più belli perché vissuto all’insegna della vera caccia e dell’amicizia.

  Marco Benecchi

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14 commenti finora...

Re: Il giorno dei Daini!

buongiorno signor Benecchi,volelo un suo parere sull'ottica burris four x 1.4x24. la ringrazio tanto..

da fabio  16/02/2012 17.14

Re: Il giorno dei Daini!

Dopo aver ricevuto numerosissime mail e telefonate da amici e conoscenti che mi chiedevano chiarimenti
Ho deciso che forse era mio dovere COMUNICARE a tutti i miei affezionati LETTORI che già da qualche mese
HO INTERROTTO LA MIA COLLABORAZIONE CON LA EDICACCIA
e quindi che in futuro non scriverò più nè su CACCIA+ nè su WAIDMANNSHEL.
Purtroppo era da troppo tempo che le mie opinioni non coincidevano più con quelli dei Redattori. Specialmente su come dovevano essere gestite due riviste che dovrebbero trattare di armi e di caccia Desidero ricordare che il Marco Benecchi che conoscete tutti, rima di essere un giornalista, un pubblicista, un "attore" (su SKY per Caccia & Pesca!), è sempre stato fondamentalmente soltanto UN BUON CACCIATORE. A differenza di tanti altri “colleghi” che TROPPO spesso scrivono di ARMI e di CACCIA senza averne nessunissima esperienza e, in alcuni casi che, che non hanno addirittura neanche la licenza.
Come dice il proverbio?
CHI MI AMA MI SEGUA!!!
A chi farà piacere continuare a leggere i miei scritti potrà trovarli sule seguenti riviste: DIANA, CACCIA A PALLA, STAGIONE CACCIA, ACTION ARMS, ARS VENANDI E CACCIA ALPINA.
PASSATE PAROLA!!!!!!!!!!!!!!!!!
Un caro saluto a tutti!

MARCO

da da Marco Benecchi  30/11/2011 10.16

Re: Il giorno dei Daini!

Rispondo volentieri ALL'AMICO MARCELLO per comunicare a tutti i miei affezionati LETTORI che HO INTERROTTO LA MIA COLLABORAZIONE CON LA EDICACCIA e quindi che non scriverò più nè con CACCIA+ nè con WAIDMANNSHEL.
Purtroppo le nostre vedute sulla caccia non coicidevano più da troppo tempo. Io prima di essere un giornalista, un pubblicista, un "attore" (su SKY caccia & pesca!) sono FONDAMENTALMENTE UN CACCIATORE, a differenza di tanti altri che TROPPO spesso scrivono di CACCIA non avendo neanche la licenza.
Come dice il proverbio: CHI MI AMA MI SEGUA!!!
A chi farà èpiacere continuare a leggere i miei scritti potrà trovarli sule seguenti riviste: DIANA, CACCIA A PALLA, STAGIONE CACCIA, ACTION ARMS, ARS VENANDI E CACCIA ALPINA.
PASSATE PAROLA!!!!!!!!!!!!!!!!!
Un caro saluto MARCO

da Da MARCO BENECCHI X TUTTI GLI AFFEZIONATI LETTORI  29/11/2011 16.51

Re: Il giorno dei Daini!

marco non ti si legge più su caccia+ e weidmasheill...??? cosa faccio sospendo l'abbonamento?? saluti

da marcello  29/11/2011 12.17

Re: Il giorno dei Daini!

Il Docter III ha un piccolo interruttore azionabile da un magnete che ti permette di regolare le DIMENSIONI del punto rosso. L'intensità del dot di tutti i Docter invece si regola automaticamente con un sensore. Se c'è poca luce diminuisce e viceversa se ce n'è molta. Sono strumenti molto validi che rispecchiano tutte le caratteristiche del made in Germany. Tra i due modelli comunque c'è una sostanziale differenza di prezzo.

da Marco  22/11/2011 16.41

Re: Il giorno dei Daini!

Ciao Marco,
qual'è la differenza tra i Docter II e III?
Ne vale la pena comprare il III?
Grazie

da Enzo  22/11/2011 14.16

Re: Il giorno dei Daini!

Mi chiamo Marco Benecchi caro Acciaio (bel nome) 54 e mi spiace deluderti per due motivi:
primo perchè di panza non ne ho, quel che vedi è il maglione, poi perchè non bevo (salvo rarissime occasioni) nè vino nè superalcolici. Ancora una volta non capisco come possa una persona edicare il poco tempo libero che ha a visitare siti che non gli interessano. Facci conoscere le tue passioni e/o i tuoi hobby.
Ciao Marco e se "54" è la data delle tua nascita oppurela tua età, comincia a pensare a fare il serio! Sei ancora in tempo.

da Dal cacciatore in foto  22/11/2011 13.04

Re: Il giorno dei Daini!

Chi è quello in foto, non sarà mica un cacciatore bacco... dalla panza che porta penso che oltre alla selvaggina gli piaccia anche il vino a fiumi... fate proprio schifo!!

da Acciaio54  22/11/2011 12.56

Re: Il giorno dei Daini!

Ragazzi, per prima cosa diamoci del TU!!
Poi procediamo per ordine: potrei ammettere ANCHE un'arma economica, ma non faccio sconti per gli strumenti ottici. Per farmi capire meglio comprerei meglio una Baikal da 300 euro con un'otticva da 1000 piuttosto che il contrario. Per non parlare poi degli attacchi. Per quanto riguarda i PUNTI ROSSI io da anni uso ESCLUSIVAMENTE il DOCTER SIGHT (versione DUE e TRE). Buoni anche gli Zeiss Compact, i Burris, i Meopta per gli olografici. Mentre per i tradizionali a Tubo, Aimpoint, Redfield, Shirstone, Tasco, Burris, Optpoint, ecc. E' sottinteso che se un prodotto costa meno della metà di un'altro un motivo ci sarà pure....
Saluti
Marco

da Marco Benecchi  22/11/2011 10.53

Re: Il giorno dei Daini!

Ciao Andrea,
Per poterti rispondere in modo esauriente devo "tediarti" allegando alla risposta un mio vecchio rticolo.
Ciao
Marco e facci sapere
Un buon rimedio contro le “Padelle”? L’ottica a Punto rosso

Se c’è qualcosa che accomuna tutti i cacciatori, indipendentemente dal tipo di caccia che praticano, sono senz’altro le riflessioni di fine stagione. Quando il crudele calendario venatorio decreta la chiusura della caccia, nel riporre le nostre attrezzature ci s’interroga sempre su come sono andate le cose durante l’anno appena trascorso. Del tipo: il nostro fisico ha risposto adeguatamente alle aspettative? Gli ausiliari sono stati all’altezza dei loro compiti gravosi? Il carniere è stato gratificante? E quelle tre o quattro clamorose padelle sui cinghiali si potevano evitare? In Italia il cinghiale è (o almeno dovrebbe essere) l’unico ungulato che si caccia in battuta. A differenza di caprioli, camosci, daini e cervi, al Re della Macchia si deve, quasi sempre, tirare mentre è in movimento, anzi, quando più assomiglia ad un missile nero che ad un normale quadrupede. Non voglio annoiarvi raccontandovi da quanti anni pratico la caccia al cinghiale o di quanti ne ho abbattuti nella mia vita, ma è mia intenzione cercare di dare qualche piccolissimo consiglio a chi ha veramente dei seri problemi a prendere di mira l’irsuto ungulato. Perché, credetemi, conosco dei bravi cacciatori e dei provetti tiratori che sul cinghiale portano delle medie veramente disastrose. E non dobbiamo farci beffa di chi non ha molta propensione nel tiro a palla in battuta, io ad esempio sono negato nel tiro al colombaccio, purtroppo nessuno è perfetto! Le principali cause dei colpi andati a vuoto durante una “Cacciarella” sono sostanzialmente tre: prima tra tutte l’emozione; a volte può essere così forte che quando finalmente hai “un faccia a faccia” con quel fascio di muscoli e pelo, perdi la concentrazione e purtroppo ti ritrovi a guardare il superbo animale piuttosto che ad allineargli contro tacca di mira e mirino. La seconda causa è dovuta all’arma utilizzata, perché troppo spesso “non ci viene bene”, specialmente se imbracciamo una carabina che nel 95% dei casi è oscenamente sbilanciata in avanti (in particolare quelle Magnum). Il terzo motivo, forse il più importante per cui si fanno pochi centri, è senza dubbio l’inadeguatezza dei sistemi di mira. Le mire metalliche montate sulle armi destinate alla caccia al cinghiale sono di due tipi: quelle con bindella e mirino da battuta e quelle con tacca micrometrica e mirino fine per il tiro di precisione. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una normale mezza bindella recante una “V” molto aperta e ad un mirino ben marcato in fibra ottica di colore rosso acceso, molto visibile e di rapida acquisizione. E’ un buon impianto, ma nell’attimo cruciale dobbiamo sempre ricordarci di come erano posizionati i riferimenti quando li abbiamo tarati (se di tipo regolabile) o semplicemente provati al poligono, perché, viste le loro dimensioni grossolane, vantano una precisione molto approssimativa oltre una certa distanza. D’altro canto, la tacca di mira regolabile, se ben fatta, può essere molto accurata, e consente di tirare anche relativamente lungo, ma non è certo l’ideale quando si hanno a disposizione pochi attimi per inquadrare un bersaglio mobile come un cinghiale lanciato nel sottobosco. Da queste riflessioni che cosa se ne deduce? Che il sistema di mira migliore per la caccia in battuta deve essere una combinazione di precisione e di facilissima acquisizione. Diversi anni fa nacque in America il Tiro pratico (o dinamico) con la pistola, una disciplina questa dove i tiratori si cimentavano in prove di precisione e di velocità. Per ridurre i tempi d’ingaggio del bersaglio la Ditta svedese Aimpoint, seguita subito a ruota dalla Tasco americana, inventò un puntatore elettronico che aveva come caratteristica principale quella di proiettare su un vetro un punto circolare di colore rosso, comunemente chiamato “Dot”, molto visibile e di precisa regolazione. Questa piccola ma geniale invenzione permetteva ai tiratori di puntare velocemente la loro arma, di allineare il vistosissimo punto rosso sul bersaglio e di tirare il grilletto in un lasso di tempo elevatissimo, risparmiando molto tempo nel “cercare” la tacca di mira ed il mirino, nel posizionarli a dovere e nel puntarli contro il Target.. Come spesso accade, il passaggio dal tiro sportivo alla caccia pratica fu breve. I tiratori-cacciatori che intuirono le potenzialità del nuovo accessorio per la caccia in battuta furono molti e negli anni a seguire il Punto rosso conobbe moltissimi estimatori. Il successo di questo rivoluzionario accessorio fu immediato e vertiginoso tanto che ad oggi tre cacciatori di cinghiali su cinque lo utilizzano sulle loro carabine semiautomatiche ed anche, perché no, sui combinati e sugli express. Il collimatore elettronico a Punto rosso è uno strumento relativamente semplice, sia come concezione elettro-meccanica che come uso e manutenzione. Assomiglia ad un comune cannocchiale, ma di dimensioni molto ridotte. Non ha ingrandimenti perché progettato per il tiro ad occhi aperti a brevissima distanza, ma mantiene le due torrette di regolazione (alzo e deriva) come gli impianti ottici classici. Solitamente ha un potenziometro graduato che serve a regolare l’intensità del punto luminoso, mentre alcuni modelli possiedono un’ulteriore ghiera che permette di modificare anche le dimensioni del “Dot”. Non ha regolazioni diottriche ed è sempre a fuoco. I modelli più comuni vengono forniti completi di attacchi fissi in alluminio, di prolunghe adattatrici e di filtro polarizzatore per oscurare le lenti in presenza di troppa luce. Ne sono stati costruiti con tubi di quattro diametri: da 1” (25,4 millimetri), da 30 millimetri, da 40 mm e da 50 mm. Io prediligo i 30 mm , perché a mio avviso sono il miglior compromesso tra campo visivo ed ingombro, ma ognuno può comperare quel che vuole in base ai propri gusti personali. A dimostrazione di quanto sia stato positivo il progetto e di quanto sia stato il suo successo c’è da ricordare che persino famose Ditte europee, come la Zeiss e la Docter hanno in catalogo accessori di questo tipo, altrimenti la quasi totalità dei punti rossi disponibili sul mercato sono prodotti in Giappone o in Korea, anche se di progettazione svedese o statunitense. Ottimi modelli sono tuttora prodotti dalle Case: Aimpoint, Tasco, Bushnell, Hakko, Lynks, Kassnar, Hunter, Shirstone, Blaser, Redfield, Leupold, Weaver, Optalens, Norconia, C-Moore e OKO. Io sono molto appassionato di caccia al cinghiale in battuta (spero ve ne siate accorti leggendo alcuni dei miei precedenti articoli!), e come tale possiedo una nutrita batteria d’armi espressamente concepite per questa disciplina. Con la sola esclusione della mia doppietta Express Fratelli Redolfi, tutte e cinque le carabine semiautomatiche che utilizzo sono dotate di collimatore elettronico a punto rosso. Lo provai “sul campo” una decina di anni fa, e ne rimasi talmente soddisfatto che ad oggi non potrei più farne a meno. Voglio raccontarvi come andarono le cose quel giorno, in modo da invogliare chi ancora è scettico o titubante a provare un buon “Punto rosso”. Ero stato invitato a partecipare ad una battuta al cinghiale in un bellissimo recinto di oltre 180 ettari, dove s’immettevano periodicamente dei capi di cattura provenienti dal Parco dell’Uccellina, quindi selvatici veri con la “V” maiuscola. Al sorteggio mi toccò una buona posta, ma purtroppo situata in uno stretto sentiero non più largo di due – tre metri. Per l’occasione avevo con me una carabina Heckler & Koch calibro 308 Winchester sopra la quale, incuriosito dal nuovo accessorio, avevo montato un “punto rosso” della Shirstone, così, tanto per provarlo. Nel bel mezzo della battuta udii una serratissima canizza venire verso la mia posta, doveva essere composta da una ventina di cani e in base alla mia esperienza intuii che il cinghiale che avevano scovato, semmai avesse attraversato il mio sentiero, lo avrebbe fatto “volando”, senza neanche toccare terra. Già mi preparavo a giustificare ai perfidi amici quella padella preannunciata quando imbracciai la fida H. & K. Sentii i rami rompersi violentemente poco oltre la mia destra mentre intravidi un missile nero arrivare a tremila chilometri all’ora. Ebbi soltanto il tempo di sollevare l’arma, puntare il vistoso punto rosso su una sagoma nera che saltava la cessa e tirare due volte il grilletto prima che rientrasse nel folto. Cercai di confortarmi ripetendo a me stesso che era impossibile colpire un cinghiale così veloce e che quel tiro non poteva assolutamente essere annoverato come una padella!! Nel frattempo arrivarono i cani, compatti e famelici, e appena il capo muta attraversò lo stretto sentiero iniziò a ringhiare e a mordere qualcosa. Scesi di corsa dal palchetto perché sapevo cosa stava azzannando e non volevo farglielo rovinare. Lo trovai sul cinghiale morto, era un giovane verro con addosso tutti e due colpi i miei colpi, distanziati l’uno dall’altro di una diecina di centimetri. Fui sbalordito da quel che era successo, perché mai e poi mai avrei immaginato di averlo colpito. Riconobbi tutto il merito di quell’abbattimento al collimatore elettronico e fu così che dopo quel giorno divenni un “punto rosso dipendente”!!!

Marco Benecchi

da Da Marco Benecchi x Andrea  22/11/2011 10.37

Re: Il giorno dei Daini!

Caro Benecchi,

colgo l'occasione per porti una domanda, a proposito di punti rossi: fino ad un paio di anni fà utilizzavo un affidabile e solido ma un po' ingombrante Barska (solo Red Dot, no reticolo etc etc)
Sulla Argo E dietro insistenza del mio armaiolo ho montato un TrueGlo, che poi è un succedaneo del titolatissimo Eotech. Ti devo dire che mi lascia un pelino perplesso: risente parecchio delle luci di taglio (chiaramente con il Barska questo non succede); in un paio di giornate di pioggia seria mi è toccato cacciare con uno straccetto in tasca (diventa inguardabile quando la lente è coperta di gocce d'acqua), nonostante le piccolissime dimensioni trovo leggermente più difficoltoso che con l'altro mantenere il campo di vistione binoculare sull'imbracciata veloce...Insomma, sono parecchio perplesso! Devo dire che per il momento non ho notato un decremento degli abbattimenti (ossia un incremento delle padelle), ma il lasso di tempo è troppo breve e potrebbero anche essermi finora capitati solo tiri relativamente "comodi"; la mia maggiore perplessità in sostanza è proprio sulle "frazioni di secondo" necessarie ad un a inquadratura ottimale. Mi farebbe piacere un tuo parere...

Miro Simonetti

da DoktorCash  21/11/2011 16.05

Re: Il giorno dei Daini!

Egregio Marco, ti seguo sempre con grande interesse ed invidia per la tua attivita' venatoria. A proposito di punti rossi mi potresti spiegare le differenze funzionali tra gli "olografici" ed i modelli tipo "aimpoint"? Inoltre, se non ti e' di troppo disturbo, mi potresti spiegare le differenze balistiche tra il 270 wsm ed il tuo calibro di elezione il 7 RM.
Grazie e complimenti ancora per gli ottimi articoli che ci regali, che ci permettono di approfondire e conoscere meglio le specificita' della nostra passione.
un saluto, Andrea

da andrea  21/11/2011 11.35

Re: Il giorno dei Daini!

Carissimo Carlo,
Se la mia fida HK 770 è il mio "terzo braccio" la BAR (in acciaio ovviamente!!" è il mio Quarto. La uso da sempre e non mi ha m,ai deluso, anche se la Heckler ha sempre qualche marcia in più. Il punto rosso è un RARO Redfield ESD. Letteralmente eccezionale sotto tutti i punti di vista. Originariamente ebbe grossissime difficoltà perchè non si trovavano le batterie (2354), Poi hanno ricominciato a girare. E' uno dei pochissimi, se non il solo, multireticoli SERIO: Con la mia BAR ho fatto ottimi numeri. Te li raccontero in un mio pezzo:
ERAVAMO QUATTRO AMICI AL BAR... ANZI CINQUE!".
Domenica scorsa ho fatto una meravigliosa "tripletta" due solenghi di una quintalata e un porcastrone!
Un saluto
Marco


da Marco Benecchi  21/11/2011 7.08

Re: Il giorno dei Daini!

E bravo Marco, invece di quella browning semi auto cosa mi dici, e il punto rosso? un aimpoint se non erro......Saluti Carlo (Marco per un attimo lascia la rigata e la prossima settimana fai una capatina sul canale 835 di sky, c'è il ns. appostamento di colombacci ripreso ,(ARTEMIDE) una buona mezz'ora di intrattenimento)

da Carlo 62  18/11/2011 12.58
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